Corsano, 07 Dicembre 2016
La Musicoterapia e MusicArTerapia
Stefania Guerra Lisi
Musicoterapia
I principi sui quali si fonda la Musicoterapia vanno ricercati nella notte dei tempi agli albori della storia dell’uomo.
Ogni popolo ha organizzato, in ogni tempo ed in ogni angolo del pianeta Terra, manifestazioni musicali che confermano il potere del suono, e quindi della musica, sull’essere umano. Lo stesso mito di Orfeo o l’arpa di Davide testimoniano l’utilizzo della musica a scopi terapeutici.
Tutti hanno riconosciuto e riconoscono alla musica il potere di influire sulle emozioni.
Effetti della musicoterapia
Utilizzare l’ascolto musicale per guarire e prevenire significa, tra l’altro, nutrire letteralmente il corpo con il suono e servirsi del suono per scoprire le dimensioni nascoste nel profondo e per accelerare il processo di guarigione e di evoluzione della coscienza.
Gli effetti terapeutici del suono e della musica sono in grado di modificare l’attività del sistema nervoso vegetativo. La musica può essere un’efficace aggiunta terapeutica in varie condizioni, anche quelle caratterizzate dal dolore cronico in quanto capace di modulare complesse attività nervose che si esprimono in quantificabili alterazioni neurovegetative.
Ma oltre a questi effetti fisiologici, la musica può sollecitare l’immaginario e provocare risposte creative. Considerato a torto il momento in cui chi “riceve” i suoni è in uno stato di passività, l’ascolto non è così distante dalle attività di produzione musicale.
Anche se ascolta musica, infatti, l’individuo non è passivo, semplice destinatario dei suoni. Al contrario, l’ascoltatore è a pieno titolo un creatore in quanto fa rivivere dentro di sè il brano musicale, o la riproduzione di suoni e rumori specifici, reinterpretandolo secondo la sua cultura e la sua sensibilità.
Risalgono al secolo scorso, invece, le vere e proprie ricerche scientifiche sulle modificazioni fisiologiche indotte dalla musica attraverso la misurazione dei suoi effetti sulla respirazione, il ritmo cardiaco, la circolazione e la pressione sanguigna.
La biorisonanza può essere praticata per: riequilibrare i chakras, rinnovare le proprie energie vitali, ed è anche utilizzata come supporto di un rilassamento profondo abbinato alla tecnica del training autogeno. Il nostro corpo, che nel suo complesso è fatto di acqua al 75%, è composto da campi di energia elettromagnetica.
Questi campi, strettamente connessi con le emozioni ed i pensieri costituiscono ciò che si chiama corpo sottile o corpo eterico. I chakras sarebbero essenzialmente delle aree dove questi campi si concentrano per svolgere determinate funzioni in zone particolari del corpo.
Anatomicamente corrispondono ai plessi nervosi.
Sarà quindi sufficiente lasciarsi andare e farsi cullare dall’ascolto delle onde sonore poiché l’effetto sui chakras è dato dai suoni stessi e dalle vibrazioni prodotte che saranno assorbite e rese più facilmente permeabili in uno stato di quiete e tranquillità. Di fatto, l’uso di questi suoni abbinata alla tecnica del training autogeno è a tutti gli effetti una vera e propria terapia, perché aiuta le persone ad ” abbandonare il materiale” per poter entrare più facilmente in contatto con la propria essenza. Inoltre, avendo previsto frequenze specifiche per i vari chakras, aiuta l’armonizzazione degli organi ad essi collegati.
La musicoterapia può essere definita in due modi: l’uno considera l’aspetto scientifico, l’altro quello terapeutico. Dal punto di vista scientifico, si può ritenere la musicoterapia «una disciplina scientifica che si occupa dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano (suono musicale e non) con l’obiettivo di ricercare elementi di diagnosi e metodi terapeutici».
Dal punto di vista terapeutico, invece, la musicoterapia è «una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare effetti regressivi e aprire canali di comunicazione, con l’obiettivo di attivare, per loro tramite, il processo di socializzazione e di inserimento sociale».
Oggi, una definizione di musicoterapia potrebbe essere: «La musicoterapia è una tecnica psicoterapica, che utilizza il suono, la musica, il movimento e gli strumenti corporei, sonori e musicali per determinare un processo storico di vincolo, tra il terapeuta e il suo paziente o gruppi di pazienti, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e di riabilitare e recuperare i pazienti per la società».
Non esiste una teoria unificata della teoria occupazionale a mediazione musicale. A regolare e guidare la pratica odierna esistono orientamenti ed approcci differenti le cui basi teoriche sono da rintracciare nei sistemi teorici che si sono sviluppati nei diversi ambiti della pratica clinica. Si tratta di un intervento riabilitativo che si propone di sviluppare il più alto livello possibile di competenze individuali e di migliorare quindi la qualità della vita. La terapia occupazionale e la musicoterapia forniscono al paziente la possibilità di cimentarsi in una gamma equilibrata di occupazioni che gli consentiranno di migliorare o quanto meno mantenere il proprio livello di salute fisica e psichica. Riassumendo i principali obiettivi sono:
1. favorire lo sviluppo di performances attinenti l’autonomia personale;
2. sviluppare le attitudini e le capacità lavorative;
3. supportare l’inserimento lavorativo, sia nella fase iniziale che successivamente;
4. dirigere in modo nuovo ed adattivo gli interessi ricreativi, espressivi del paziente;
5. aiutarlo ad utilizzare in termini più positivi il periodo di permanenza in comunità;
6. controllare gli impulsi emotivi e sviluppare relazioni più gratificanti ed autentiche;
7. acquisire una maggiore consapevolezza dei propri comportamenti;
8. apprendere ad usare le proprie capacità e qualità individuali e ad esprimere i propri talenti e gusti personali.
MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi
La MusicArTerapia secondo la Globalità dei Linguaggi prende in considerazione le fasi di sviluppo psicosensomotorio prenatale, la sinestesia come involontaria attività intermodale in qualunque stato di coscienza, anche con casi gravissimi, garantendo lo sviluppo delle vicarietà. L’intervento terapeutico consisterà nel ridirezionare evolutivamente il paziente, individuandone la struttura psicologica e l’organizzazione cerebrale della percezione, del movimento, dell’attenzione, della memoria, del linguaggio e del pensiero.
L’obiettivo principale nella Globalità dei Linguaggi è quello di dare opportunità di comunicazione anche alla persona con disabilità più grave, priva o in rinuncia del linguaggio verbale, offrendo l’opportunità delle modalità espressive proprie della Globalità dei Linguaggi. Queste modalità partono dalla valorizzazione dell’inarticolato: scarabocchio, tracce grafiche, plastiche, cromatiche, gestuali, sonore anche stereotipate, per favorire l’articolazione volontaria e relazionale.
Le infinite risorse umane non verbali rendono la corporeità (comune e diversificata) messaggio esplicito anche dell’indicibile, per cui l’Essere è parlante della totalità dei comportamenti psico- sensomotori e delle tracce degli stessi. Per tracce si intendono tutte le manifestazioni percepibili del tono emotivo che “prende corpo” nel tono muscolare, incapace di mentire o razionalizzare, e quindi espressione autentica della persona e della sua “arte di vivere”, comunque e nonostante tutto.
In questo senso l’emotività è la causa e i linguaggi espressivi sono gli effetti, unificati nell’elemento che permette ad essi di assumere fisicità percepibile: il tono muscolare. Il corpo è chiaroscuro, plastico-dinamico. È segno grafico nell’aria o su di un foglio, è traccia sonora del movimento e della respirazione vocalizzata, e questo su due versanti: interno ed esterno, poiché in un processo di propriocezione queste tracce invisibili agli occhi esterni sono visibili all’interno, inudibili alle orecchie esterne sono la composizione musicale del vissuto in parole toniche interne.
La creatività è quindi implicita nella corporeità, in una traduzione di “segni” organizzato in un codice personale di richiami percettivi, che spontaneamente evocano e associano le immagini di tutti i sensi simultaneamente. E’ sulla base di questo involontario e continuo flusso sinestesico (attivo anche nella persona con disabilità più grave, per via del suo corpo e della sua storia che ne fanno un individuo) che inevitabilmente si deve parlare di “Globalità dei Linguaggi”, e mai di linguaggi separati.
La metodologia psicomotoria della GdL ha come obiettivo principale lo sviluppo della personalità latente, anche della persona con disabilità più grave, a cui ricondurre tutti gli interventi di psicomotricità, arteterapia, musicodanzaterapia. Pertanto in questo percorso si è considerata la persona fisica e la sua storia corporea sensoriale, per individuarne la struttura psicologica e l’organizzazione dell’attenzione, della percezione, del movimento, della memoria, del pensiero e i linguaggi preferenziali.
E’ dalle relazione corpo-mente e individuo-ambiente che si può favorire l’accomodamento esperienziale nella realtà per la conquista di sicurezze e autonomia. Tutto questo considerando fondamentale la motivazione affettiva, come elemento da riconquistare in soggetti con memorie traumatiche, che si connette a un programma individualizzato di riabilitazione del piacere, per il miglioramento della qualità della vita.
Conclusioni
Come già evidenziato più sopra e confermato da queste definizioni gli obiettivi di fondo delle diverse terapie sono comuni: il benessere del paziente. Ma allora perché proporre diverse tecniche terapiche? Perché per fortuna siamo tutti diversi e ognuno di noi (educatore, terapista, o “utente”) usa dei canali privilegiati per esprimersi e per rappresentare la realtà. Allora succede che un educatore o un insegnante o un terapista, si specializzi per poter offrire almeno un canale di comunicazione che agevoli il contatto, che renda possibile un flusso di emozioni, affetto e calore tra chi sceglie una professione (missione) e chi ha bisogno, perché sta crescendo o perché è in una condizione di svantaggio, di essere compreso al di la dei modi convenzionali del comunicare.
Il canale scelto per questo laboratorio è invece misto. L’idea di mescolare diverse tecniche deriva in parte dall’osservazione delle reazioni di tutte le persone che ho incontrato sulla mia strada ed in parte dalla consapevolezza della mia multifunzionalità (anche se questa è una mia caratteristica che non è indispensabile in un contesto di collaborazione con altri professionisti). E’ evidente che usare diverse tecniche integrandole si crea un effetto di amplificazione e si raggiungono obiettivi significativi. Ad esempio anche nello spettacolo le contaminazioni tra diverse arti hanno sempre dato sensazioni molto gradevoli. Si pensi ai cantastorie che accompagnavano le storie cantate con pannelli dipinti dove si rappresentava la stessa scena espressa musicalmente; si pensi agli artisti che con i colori esprimono le proprie sensazioni sullo stesso palcoscenico dove altri recitano o suonano; altri che per amplificare l’effetto della musica che suonano usano odori ed essenze profumate. Nella terapia ed in educazione da tempo si sono definiti percorsi di arte-terapia dove colore, musica, danza si mescolano ed integrano in vortici dagli effetti catartici. Anche nel laboratorio per la costruzione degli strumenti musicali in musicoterapia si fondono due tecniche: il lavoro e la musica. Il lavoro diventa così un tramite per arrivare alla comprensione del suono e della musica. Il suono dello strumento costruito è il suono dell’anima.
Prof.ssa Stefania Guerra Lisi, Ideatrice del Metodo GDL
Articolo ricevuto in occasione del Convegno di Musicarterapia della Globalità dei Linguaggi, Corsano