Da oltre 30 anni il mio tempo di madre è sintonizzato su quello di mio figlio, affetto da tetraparesi spastica e colpito da provvedimento di interdizione.
Questi anni sono stati caratterizzati da:
– un presente difficile,
– un futuro incerto,
– una sfida continua al destino,
– un amore per la vita comunque sia,
– un sostegno alla speranza,
– una volontà di non arrendersi. Se è un amore difficile, si riceve molto più
affetto di quanto si da, e perciò lotto per non perderlo.
C’ è una domanda che è prioritaria per tutti coloro, e sono tanti, che vivono la stessa mia esperienza: chi li accompagnerà nel cammino della vita quando non ci saremo più?
Provo fastidio, sempre più spesso, per le parole tristi, sempre le stesse, che vengono scritte o pronunciate sul tema del “Dopo di Noi”.
Parole talmente consumate perché logorate da una retorica di solidarietà epidermica o al massimo emozionale e da una risposta amministrativa e di burocrazia assistenziale auto referenziata.
Mantenere qualcuno nell’infelicità senza colpa è uno dei comportamenti più ingiusti perché non si conosce libertà e piena dignità di vita espressiva.
Non dobbiamo dimenticare che tanti vivono la nostra stessa realtà di vita e che rappresentano un bacino di aspettative, di bisogni, di rivendicazione e come tale dobbiamo comportarci e non possiamo restare inerti.
Bisogna parlare, confrontare le esperienze, lavorare alla elaborazione di un pensiero attivo, propositivo, promozionale e motivazionale.
Bisogna esprimere i nostri bisogni, le nostre aspettative, le nostre proposte di riduzione del danno inferto dall’handicap, all’armonico sviluppo della personalità che non sia più marginata né trascurata, né negletta, né negata.
Non possiamo rassegnarci a un tempo vuoto, non più sostenuto dalla speranza perché c’è sempre un’intelligenza, una personalità che va coltivata con amore e con volontà sapiente e silente.
C’è bisogno urgente di un nuovo umanesimo che dia speranza e ponga finalmente rimedio alle ancora diffuse offese, alla qualità di esistenza di migliaia di soggetti a cui si nega il diritto dire “IO”, nella presunzione di una loro chiusura interiore, mentre spesso c’è solo una nostra incapacità di ascolto che porta ad un mancato riconoscimento di soggettività identitaria.
Perciò è nata L’Associazione “La Ragnatela”– intrecci di Vite per la Vita”.
La Ragnatela concentra la propria attività su iniziative che apportino benefici alle persone che vivono situazioni di disagio, ponendosi esclusivamente fini di utilità e solidarietà sociale.
La Ragnatela vuole essere un’occasione per rivendicare l’identità ed una miglior tutela dei diritti civili di soggetti svantaggiati da un destino cieco.
Al momento questa pare l’unica cosa possibile: estendere più che sia possibile e, a poco a poco, l’area delle persone sensibili a questa problematica :
“Quale futuro per i nostri figli dopo di noi e fuori dalla famiglia?”
La realtà finora, al di là delle tante promesse, è che le famiglie sono sole.
Lo sviluppo crescente della tecnica, conseguente alle continue ricerche scientifiche, soprattutto biologiche, pongono nuovi interrogativi e aprono nuove prospettive, sia alle persone che alle comunità.
I progressi della scienza e della medicina danno la possibilità di risolvere problemi che un tempo non avevano soluzioni perché neanche percepiti come tali, ma pongono nel contempo anche nuovi interrogativi sul senso della vita e sulla responsabilità individuale.
C’è un impegno a ricollocare l’essere umano con la sua fragilità al centro di una riflessione d’insieme che riguarda tutti, anche quelli sinora esclusi o dimenticati da una visione elitaria e premiale.
Bisogna tornare, se c’è mai stato nel passato, al rispetto per le sofferenze degli altri, a farsi carico dei bisogni di molti, confinati in un mondo di emarginazione e di penalizzazione incolpevole .
E’ importante avere strumenti idonei a garantire al disabile per tutta la durata della sua vita dopo di noi un’ assistenza non solo materiale, ma sopratutto affettiva e tale da risultare rispettosa e valorizzatrice della sua dignità di individuo senziente e valente. Questa concezione valoriale è a fondamento della Legge 112/2016, nota come Legge sul “Dopo di Noi”, che ha introdotto agevolazioni sopratutto fiscali a supporto di tutte quelle iniziative, orientate alla tutela delle persone con disabilità grave.
Ma sono ancora tante le problematiche irrisolte, affidate alle iniziative familiari o di associazioni che cercano di affrontare situazioni complesse e dolorose con sempre maggiore consapevolezza e con un attivo sostegno, svincolato da eccessive panie burocratiche autoreferenziali.
Se la legge è volta a favorire il benessere e la piena inclusione sociale e una reale autonomia delle persone con disabilità grave, non va mai dimenticato che sull’ambito familiare grava la progressiva presa in carico della persona cui va garantito una vita degna, anche quando la rete di supporto familiare, per vicende di vita, si dissolve e si può confidare su beni mobili ed immobili con un vincolo di destinazione ad hoc, e sulla vicinanza di associazioni di familiari che affrontano quotidianamente e prospettivamente le stesse preoccupazioni, muovendo da fenomeni di compartecipazione a vicende di vita con disabili gravi.
Con l’ occasione richiamo il mio intervento in data 7 Ottobre 2017 “Diamo voce al silenzio”, l’articolo del 12 Luglio 2017 “ Che cos’è la Ragnatela?” e il contributo intitolato “La Libertà ha un sapore che non si dimentica”, presentato su invito del Prof. Paolo Cendon a Lecce, nella giornata di Human Rights ( Diritti umani, Diritti in relazione) presso quella Facoltà di Giurisprudenza, il 18 Febbraio 2017.
Ugento, 15 Gennaio 2018
Silvia Katharina Hoeck (Responsabile dell’ Associazione “La Ragnatela”)